venerdì 2 ottobre 2009

Riassunto del dibattito del 24 Settembre 2009 sul tema delle frontiere sociali

Si può parlare ancora di frontiera sociale nel nostro Occidente individualista attuale, si può pensare che gli individui obbediscano sempre a criteri di distinzione sociale, d’identificazione a un gruppo, anzi a una classe ? La parola è scaturita, Distinzione. Si ricordi la famosa opera del sociologo francese Bourdieu scritta nel 1979, La Distinction, critique sociale du Jugement, che introdusse nel ragionamento sociologico dell’epoca i concetti di capitale culturale e di capitale economico con il fenomeno di radicalizzazione e di gerarchizzazione delle differenze, da opporre a l’individualismo metodologico dell’avversario Boudon.

Si scatena poi un dibattito in seguito alla testimonianza di una ragazza che ha subito la realtà, la distanza posta dalla frontiera sociale durante le selettive classi preparatorie della repubblica che raccolgono tutta la borghesia francese. Diverse opinioni sono venute fuori da tante chiacchiere, ognuno a proporre la sua percezione oppure la propria esperienza di vita. Il tema centrale di questo dibattito riguardava il valore attuale del concetto di distinzione. Ci sono ancora elementi di distinzione che pongono frontiere sociali insormontabili ? Positivamente, quali sarebbero questi elementi di distinzione e quale applicazioni gli potremmo dare concretamente ? E anche se vanno definiti, funzionano davvero per qualsiasi caso ? C’è chi non può credere a un metodo di classificazione sociale oggi ( che pero è già esistito ) e può avvalersi del fatto che i codici si intrecciano per sfociare in un semplice fenomeno di moda accentuato sempre di più dal processo di individualizzazione delle nostre società consumistiche.


La ragazza dava l’esempio del flauto prevalendosi dell’alta percentuale di musicisti nelle classi alte. Infatti si vedono poco figli di operai suonareil  pianoforte oppure il violoncello soltanto nel tempo libero, fuori da ogni progetto di carriera, tramite il conservatorio per esempio. D’altronde si sa che l’investimento del tempo libero dei minorenni è subordinato al reddito dei genitori. Tutti i giovani hanno tempo libero, ma lo occupano in modo diverso secondo l’educazione familiare. C’è chi ha come passatempo la lezione di pianoforte a pagamento, poi c’è chi guarda la TV. Pero questo argomento è stato contraddetto dal fatto che si suonano strumenti in tutti gli strati sociali; si è dato l’esempio della chitarra, adottata da tanti giovani di provenienze diverse. A questo punto è stata introdotta una differenza trà gli strumenti «classici» per non dire nobili, e gli altri. Si può pensare che anche se diffusi in modo generale, spesso si vedono gli stessi strumenti nelle stesse mani. Certo che la musica piace a tutti, che tutti si godono la pratica musicale, ma si deve intendere il tipo di musica alla quale un Tizio, un Caio oppure un Sempronio aderirebbero. Di solito, non si aprezza il rap nelle famiglie agiate o l’opera nelle famiglie operaie. Alla fine si suona lo strumento che produce la musica che la propria classe acconsente. A questo punto si arriva a una distinzione tradizionale posta tra la cultura «alta» e la cultura «bassa». Alcuni hanno criticato la pertinenza di questa classificazione e la sua relatività culturale e geografica. Noi Transalpini consideriamo il calcio un elemento di cultura bassa, popolare per non dire volgare, il tifoso essendo assimilato quasi all’immagine della barbaria o della brutalità plebea. L’aristocrazia repubblicana francese non va al circo, neppure l’intellettuale francese e al di fuori di Camus, le penne francesi non mettono i piedi sull’erba. Al contrario di quest’esempio c’è l’illustrazione cisalpina, con un paese in cui tutti gli strati della società confluiscono allo stadio oppure seguono le partite alla TV, mentre in Francia guardare la TV continuamente è sinonimo di miserabilismo e di immobilismo sociale. In Italia, anche i più grandi statisti o i più famosi intellettuali impazziscono per il calcio. Basti ricordare la venuta a Aix-en-Provence di Umberto Ecco, uomo di vasta cultura che aveva sconvolto l’uditorio dei docenti francesi, interrompendo la sua conferenza per assistere a una partita di calcio della sua squadra preferita. Cosa inaccettabile nella patria di Baudelaire ove non si vedrebbe mai un Paul Veyne o una Jacqueline de Romilly parlare di calcio. Dato che si tratta di sport, si deve menzionare anche un ulteriore riflessione sullo sport come elemento di distinzione sociale. Tra sport elitario e sport popolare, appare un possibile elemento di classificazione. C’è chi dice che il tennis, il polo e il golf sono sport da ricchi mentre il calcio o il basket sono più popolari e meno apprezzati dall’élite. Questo è verificabile, a prescindere del fatto che l’accesso ai complessi sportivi è stato molto democratizzato negli ultimi 30 anni, permettendo a persone di reddito modesto di praticare sport che però sono rimasti molto connotati. Pure su questo soggetto, si torna a un relativismo geografico. Mentre in Italia i palestrati sono abbastanza apprezzati, il bodybuilder viene considerato in Francia uno strampalato, un essere vano e privo di capacità riflessiva. Forse non c’erano abbastanza statue greche in Gallia per scongiurare la repulsione francese del culturismo, che non s’identifica mica colle pratiche degli ambienti che dispongono dei redditi più consistenti.

Alla fine con questa tematica dell’apparenza, si arriva naturalmente all’elemento vestimentario, infatti il più visibile, il più diretto, ma anche il più controverso. Si puo distinguere la gente a seconda del vestito ? Cosa ci insegnano i codici vestimentari oggi, sopratutto trà giovani ? Si consideri che nelle culture tradizionali, il codice vestimentario è un elemento strutturale centrale della cultura che conferiva alla società tutta la sua consistenza. Occoreva una guerra civile gravissima per vedere la gente farsi beffe dei codici vestimentari tradizionali. Nella Cina antica, chi sfoggiava il giallo dell’imperatore andava subito giustiziato. Si pensi che in Giappone lo statuto sociale e familiare è notificato dal modo in cui sono intrecciati i nodi delle cinture nel vestito tradizionale. In India gli Intoccabili non si possono vestire come le altre caste e erano previste sanzioni per i trasgressori. Nelle nostre società moderne, che sono società di consumo, tutto si può comprare, si può accedere a tutto col denaro in quanto unica condizione mentre in certe società tradizionali i vestiti si comprano a seconda della provenienza sociale o etnica, il prezzo non c’entra. Percio è difficile definire generalità sul modo di vestirsi dei diversi gruppi sociali, ognuno provando ad indurre l’altro in errore per valorizzare o nascondere la sua provenienza sociale e facilitare la sua integrazione individuale. E infatti la dinamica individualistica delle nostre società che spiega che i giovani siano vestiti sempre di più a seconda delle preferenze soggettive e non più dei criteri oggettivi, a prescindere della condizione familiare o professionale. Certo sono rimaste tendenze come l’ostentazione delle marche negli ambienti urbani difficili come Marsiglia ove si distinguono le ragazze arcitruccate e di parlato volgare chiamate «cagoles» (un parallelo è stato fatto colle ragazze napolitane). Ma si è parlato anche del debole dei ragazzi provenienti da ambienti borghesi per la trascuratezza del vestito. La tendenza di questi ragazzi che vengono chiamati radical-chic (l’equivalente francese sarebbe gauche-caviar) mira a fingere un appartenenza sociale modesta o una simpatia per le persone più modeste in modo di giustificare posizioni politiche che contrastano coll’ambiente familiare o i propri interessi, ma anche per legittimare le propri posizioni rispetto alla maggioranza popolare, spesso con fini demagogici (come il patrizio Claudius che cambia il suo nome in Clodius per farsi eleggere tribuno della pleba). Questo fenomeno che consiste nell' ostentare un modo vestimentario, un modo di consumo, che contrasta colla posizione sociale e il patrimonio reali si chiama metaconsumo, oppure distinzione di distinzione. Per Baudrillard questa tendenza al metaconsumo traduce un superamento dell’arrivismo di certi nuovi ricchi che hanno i soldi per comprarsi i vestiti di lusso ma che non hanno i codici sociali della borghesia tradizionale che esclude loro in questo modo. Si puo anche concludere che il salariato e la società di consumo ha suscitato l'abbandono del vestito come codice di distinzione dei ricchi che ricorrono adesso a mezzi più astratti come l’educazione, la cultura personale, quello che l’antropologa Mary Douglas chiama «la conscenza dei nomi» oppure «i servizi di marchiaggio» che induce un importante investimento nell'ambito dell’informazione o della perizia-consiglio. Essere un privilegiato oggi non presuppone distinguersi con elementi materiali anche se carichi di significazione, ma disporre di reti e dell’afflusso di informazioni in un contesto mondiale globalizzato sempre più impreciso ove i poveri sono esclusi e marginalizzati non per penuria di materiale distintivo, ma per penuria d’informazione. I poveri nelle nostre società opulente sono quelli che non sono stati informati del luogo e della data del festino, semplicemente.

Per concludere si può considerare che oggi i mezzi materiali e tradizionali di distinzione non permettono più di illustrare l’eterogeneità sociale. I principali mezzi di distinzione si distribuiscono a seconda della preferenza individuale, il che rende le disparità sociali meno visibili se i poveri si comportano e si vestono come ricchi, e se i ricchi adottano una visibilità sociale di poveri. La conseguenza sarebbe una riduzione dei conflitti sociali o delle frustrazioni. Ma infatti si vede che le cose non sono tanto cambiate perchè alla fine del dibattito che conclude alla caducità dei mezzi di distinzione, ci si sveglia sempre in un mondo fatto di ricchi e di poveri, che se non più ordinato in «classi» formali, vede sempre i ricchi raggrupparsi, trincerandosi sempre di più in quartieri sicuri invisibili. I ricchi sono certo meno visibili, forse se la tirano meno, forse i poveri se la tirano troppo. Dietro quest’illusione di condivisione dei mezzi tradizionali di distinzione, c’è la persistenza del problema della povertà e della redistribuzione delle ricchezze. Forse oggi gli operai suonano pianoforte o vanno a l’opera, pero non vivono affatto nel mondo «mentale» dei ricchi e i rapporti sociali trà ricchi e poveri sono quasi peggiori di quelli di 50 anni fa. La frattura sociale esiste ma non è visibile su una mappa, in una sala d’opera o un negozio di vestiti. Questa frontiera è diventata metafisica in un mondo in cui l’ostentazione, ieri privilegio dei ricchi, è diventata oggi lo sfogo dei poveri. Lo scandalo dell’inuguaglianza esiste sempre, ma è soltanto meno visibile in società ove l’élite ha abbadonato alla plebe l’esclusività dell’ostentazione, per disinnescare la violenza sociale . Come lo diceva Epicuro, per vivere felici, si vive nascosti.

1 commento:

  1. Ottimo lavoro. Oltre alla relazione del dibattito hai anche aggiunto le tue riflessioni personali...Bravo!

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