lunedì 30 novembre 2009

I Segni della Felicità

I Melanesiani erano affascinati dagli aerei che lasciavano strisce nel cielo sopra le loro teste. Si adirarono contro i Bianchi che con la loro magia attiravano tutti gli aerei. I Melanesiani volevano anche loro attirare gli aerei sulle loro terre, combattendo la magia dei Bianchi che se gli rubavano tutti. Quindi per attirare a loro queste nave celeste cariche di merci fantastiche, avevano costruito anche loro aerei, ma fatti di rami e di fuscelli, poi posti su pianure per essere ben visibili dagli altri aerei in volo e convincergli di atterrare lì e non sui i terreni dei bianchi. Gli aerei di rame dei Melanesiani non erano fatti per volare, strano paradosso per un aereo. Non avevano la funzione operativa, oppure d’efficienza. No, non avevano proprio funzionalità. La loro funzione era soltanto significante, cioè il fatto di assumere il sopporto di segni. Erano la Forma vuota, priva di consistenza. Quale rapporto ci sarebbe con noi oggi, gente materiale e pragamatica. Si deve proprio guardare all’apparizione del mito della felicità in Europa e le sue conseguenze attraverso la società di consumo.

«Le Bonheur est une idée neuve en Europe» dichiarava il Giacobino Saint Just in seguito alla Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo e del Cittadino. L’Utilitarismo di Bentham rinforzò quell’idea della felicità maggiore per il maggior numero e introdusse un nuovo concetto, quello di ugualianza. Tutti dovevano aver diritto alla felicità. Tutti dovevano godersi quel nettare rubato agli dei recentemente morti. Jean Baudrillard, sociologo di ottima (oppure pessima secondo altri) reputazione, ci spiega che quell’esigenza di distribuire la Felicità in tal modo che tutti se la godino in modo massivo e uguale, condusse a fare emergere il concetto di misura della felicità. Poi la felicità tradizionale, soggetiva e spirituale (bramata dai saggi) divenne una felicità materiale, misurabile, misurabile dagli oggetti, una Felicità quindi oggettiva, la cui norma non essendo più l’intelletto umano (norma interna) ma la società (norma esterna). A parte di quel periodo, il consumo divenne il processo di affermazione della felicità tramite l’accumulare, anzi l’ammucchiare, i prodotti che «segnavano» il compimento della Felicità. La gente iniziò a comperare tutti i segni della felicità domestica e sociale promossa dall’american way of life. E però la gente non era felice, non più di prima infatti. Come i Melanesiani, i consumatori divennero convinti che gli oggetti offerti dai supermerchati fossero carichi di magia, l’oggetto di consumo, sacralizzato dalla pubblicità, diventando una specie di mana da procurarsi ad ogni costo per concorrere a quel fantastico potlatch, il più bello happening della società di consumo, lo spreco, per colmare quel vuoto atroce posto da questi oggetti carichi di segni ma vuoti di simbolismo, privi di quella trascendenza che fà l’unicità, l’anima dell’oggetto. Così Baudrillard definisce la società di consumo «il processo di produzione industriale dei segni». Segni multifunzionali, di suggerimento, anzi di suggestione di acquisto, attraverso la promessa dedotta da quella combinazione di segni. Perchè non si compera l’oggetto, si compera il sonnio che lo avvolge. Così circondandosi dai segni esterni e materiali della felicità, la gente aspetta cupamente che la Felicità vera, adescata, si ponga sulla strada della vita, come un aereo...


LUCCHINI JEAN-DOMINIQUE


giovedì 26 novembre 2009

Il concetto di frontiera è largo, difficile a illustrare è ancora di piu a capire.
Dietro le frontiere ci sono migliaie di vite che si svolgono tra le frontiere, sto parlando di clandestini, immigrati, personne che non hanno piu identita costretti a vivere clandestinamente.
Ho scelto di fare un brevo racconto della vita di una di questi dimenticati.

Lui era un uomo tra tanti come lui, immigrato magrebino che si guadagnava la vita con piccoli lavori. Quest'estate coglieva ciliegie con me, pero non mi ero mai immaginato prima di conoscerlo meglio che abbia una vita cosi particolare.
Nattivo di Oran in Algeria faceva l'instruttore di tiro alla kalashnikov nell'esercito. Parlava poco del suo passato ma col tempo mi confessa che era stato in carcere. Due anni come i chili di droga che aveva tentato di fare passare alla frontiera tra la Tunisia e l'Algeria. Dopo questi due anni una volta fuori non trovava piu il suo posto nel suo paese. Direzione Rotterdam imbargo su un cargo ''Rotterdam 1987'' come gli piaceva dire. Dopo tre anni trascorsi in Ollanda decidé di tornare nel suo paese. Pero il ritorno non è stato felice, la guerra inizio poco tempo dopo. Scapando alla violenza e forse al suo passato si ritrova velocemente a Pariggi. Nella capitale fa nuove conoscenze, non tutte frequentabile ma essenciale per lui. Di fatti dopo gli attentati di Saint-Michel nel 1995 le condizioni per ottenere la citadinanza o anche un permesso di lavoro sono diventate rigorosissime per gli algerini. Per anni ha dunque vissuto con documenti falsi.
Nei suoi ultimi anni in Francia viveva tra Beziers e il mio paese dove suo sorella aveva fatto un matrimogno bianco. Pero il lavoro non lo trovava sempre, la popolazione lo sospetava e per complicara la sua situazione aveva comminciato a bevere. La polizia essendo alertata non viveva piu tranquillo, era l'ora per lui di tornare in Algeria. L'ha fatto due anni, chissa che paese avra trovato dopo averlo lasciato 15 anni fa...
Quando ho scelto di raccontare questa storia personnale non ho cercato che queste personna clandestina sia giudicata. Ha la vita che ha avuto con problemi e avventure che fanno della vita quello che è. Pero vuolevo solo mostrare che i clandestini non scelgono tutto quello che accade loro, devono accomodarsi è anche se un paese (come la Francia a Calais) cerca a cacciarli queste personne che alcuni considerano como parasiti esisteranno sempre sono gente come noi sul fondo, in fine manca loro solo un documento, un' accetazione....

ISAIA Ivano

giovedì 19 novembre 2009

Frontiera culturale.

Quello che arricchisce quando si va all'estero è di vedere la nostra differenza di mentalità a traverso i fatti più quotidiani della gente e i fatti chi ci sembrano evidenti. Per esempio quando sono andata a Québec è intrigante vedere la gente aspettare il bus in linea retta come si fa la fila di attesa in un commercio. La mia amica d'infanzia che a traslocato a Montréal cinque anni fa mi diceva: "anzi se piova deve mettersi in fila e ti trova talvolta a 10 metri del riparo". Noi francese aspettiamo piutosto in un branco. Non capiamo che sia tanto importante aspettare in ordine di arrivo mentre il bus non è ancora qui.

Ma ho capito che è proprio nei fatti del genereche si esprime realmente la frontiera culturale. Quando si tratta della vità a prima vista banale, si giudica piu facilmente la differenza perchè la nostra attitudine ci sembra un inclinazione naturale.

Il problema è che la frontiera culturale esiste sopratutto perchè siamo predisposti dalla nostra cultura e dal nostro passato . La frontiera culturale rimane se non proviamo a immergersi nella società estera con un attitudine di osservazione neutrale. La frontiera piu difficile a superare è finalmente quella che delimita la nostra appertura piu o meno grande di mente.

Auspici e Predizioni

Ho scelto di parlare dei segni nel senso di auspici e di predizioni.

Dall'antichità, gli uomini hanno cercato di trasformare fenomeni naturali in intervento divino che mostrava la decisione che occorreva prendere o la via che occorreva seguire. Ad esempio, i greci ed i Romani credevano che la direzione presa da uccelli, liberati da un sacerdote, indicata un presagio felice per la destra ed un miserabile per la sinistra.
Il segno è qui legato alla superstizione.

Si può prendere l'esempio dell'eroina, del romanzo « Un long Dimanche de fiançailles » di Sébastien Japrisot, Mathilde, che ha perso il suo fidanzato alla guerra. È persuasa che non è morto e cerca lungo il libro di trovarlo. Quando perde speranza, si lancia degli ultimatum come: « Se arrivo al giro prima della macchina, se ho il tempo di contare fino a 7 e che il treno non è entrato in una galleria, Manech ritornerà vivo ». Si regge a segni nel corso del racconto.

I segni superstiziosi sono sempre esistiti e hanno evoluto nel corso della storia.
Durante l'antichità, era l’allentamento di uccelli che permetteva di rispondere ad una domanda come l'esame delle loro viscere. In occasione di un sacrificio, era il modo in cui il sangue si smaltiva… Una temporale con lampi era il segno della rabbia dei dei…

Oggi, anche se non si crede più ai dei olimpichi, padroni della vita degli uomini, si arriva sempre a trovare segni. Ad esempio, il fatto che un gatto si gratta dietro l'orecchio è foriero di temporale, come alcune persone affermano che pioverà quando hanno male alle ossa. Se si va in una cacca di cane del piede sinistro allora guadagnara denaro. Se un gatto nero attraversa dinanzi a sé, è presagio di sfortuna. Di stesso quando si hanno gli orecchi che fischiano, si dice che qualcuno pensa a noi.

Altre ricerche di presagi sono non temporali come la tradizione turca che consiste nel leggere il futuro nel fondo di caffè.

J. Lormier

L'impero dei media e loro segni sulla nostra società

La parola "impero" viene del latino "imperium" che significa il potere, la dominazione. E voglio evocare i segni che dominano la nostra società attuale ma anche le nostre vite quotidiane sopratutto attraverso i media e la pubblicità.

Diffati, il nostro comportamento è dettato da quello che vediamo ogni giorno nelle riviste, alla TV, nella strada... Questi segni che che ci sono imposti sono in realtà dei concetti e danno la visione di un mondo uniforme. E un po come une propaganda.

Ho preso l'esempio dell'ideale estetico, di bellezza trasmetto dai media. Sapete, quello della donna bionda, magra, grande, "perfetta" insomma. E molto ragazze e signore provano a raggiungere quest'ideale femminile virtuale, irreale.
E questo è esattamente il comportamento che le grande industrie di cosmetico e di pubblicità aspettano di noi. Perché vedete, più un ideale è difficile da raggiungere e mantenere, più il mercato è lucrativo! Dunque presentare un tale immagine della donna "perfetta" assicura la crescità e la redditività dell'industria dei prodotti di bellezza e ringiovaniti.

Alcuni dati concreti:
- La rivista americana Teen riporta che il 35% delle ragazze tra 6 e 12 anni hanno già state a dieta perchè credevano essere troppo grosse mentre avevano un peso totalmente normale. E sappiamo che questo puo essere pericoloso sopratutto durante questa età, che è una perioda di crescità per il giovane.
- Uno studio dell'istituto della ricerca sulla condizione fisica e lo stile di vita ha mostrato che smagrirsi è percepito da parecchie ragazze come il mezzo di migliorare la loro stima di se. E le metodi adoperati sono tra altri: non prendere la collazione, essere a dieta, fumare... Tutti hanno un impatto nefasto sulla salute.

Certo, non è vero per tutta la gente. Alcune persone rifiusano questo conformismo ma comunque sia, questi segni s'imporano e prendono sempra più posto nella nostra società.

Justine de Barsony

domenica 15 novembre 2009

Nel nostro mondo ci sono segni dappertutto, accanto alla strada, nei magazini, alla tivù… Ma ci sono segni anche sulle persone. Questi segni sono le marche nei vestimenti sopratutto, ma ci sono anché i segni più o meno chiari, che possiamo decifrare e chi sono dei segni di appartenenza ad una comunità.

Il problema maggiore al quale pensiamo oggi parlando di questi segni di appartenenza sono i segni religiosi, le croce ed i veli. Ma non sono i soli segni di appartenenza che vediamo sulle persone. L’identità di una persona si fa per mezzo di molto segni e il sentimento di appartenere ad una comunità riempia il vuoto della esistenza degli individui nella nostra società dovè numerose persone non parlano più agli altri. E per questa raggione che la gente vuole mostrare segni della sua identità, presa ad altri individui o gruppi, ma che sembra a loro essere una parte del sentimento di essere unico.

Un esempio di questi segni sono i tatuaggi ed i piercing, perché quando le vediamo pensiamo che la persona è o giovana o ribelle. Nella stessa idea, le persone chi sono molte truccate sembrano superficiali e non veramente interessanti mentre possono essere completamente al contrario di questa immagine.

Ma un segno può mentire. Tutte le persone con un tatuaggio non sono ribelli. I segni si trasformano con il tempo, e la vista che hanno del loro significato può essere falsa. I segni che decifriamo inconsciamente sono pericolosi perché risultano dei codici della nostra società e fanno pensare delle cose che non sono sempre vere.

Questi segni sono all’inizio dei preconcetti, chi sono all’inizio della frontiera sociale.

Agathe Plauchut

mercoledì 11 novembre 2009

Un mondo governato dai segni

Penso che oggi il mondo sià governato dai segni e la gente fa molto attenzione a questi segni.
Nella nostra società occidentale i segni sono soprattutto dei segni d'appartenenza, di ricchezza o di povertà. Possiamo prendere l'esempio delle marche che sono sui vestiti. Queste marche distinguano i più ricchi dai più poveri.
C'é anche la società orientale che é governata dai segni. Non sono gli stessi dai nostri, ma ci sono molti segni in questa società soprattutta nella società asiatica. E' Roland Barthes che ha scritto un libro sul Giappone, "L'empire des signes" ("L'impero dei segni"), in cui mostra che tutta la società giapponese é governata dai segni.
Pero' preferisco pensare ai segni come un mezzo di comunicazione piuttosto che come un mezzo di distinzione.
In fatti possiamo parlare di questi popoli che usano le mani per parlare e dunque che usano molti segni. Gli Italiani sono i più forti per inventare dei segni e per parlare con le mani.
Ho notato che, in tutti paesi, quando una persona indica la strada da seguire usa per forse le mani. Nessuno sta con le mani in tasca mentre spiega: "Giri a destra dopo la rotonda...".
Tutti usano dei segni per comunicare.
Infine, ci sono sopratutto i segni che formano un vero linguaggio a parte: "il linguaggio dei segni". E' un esempio che mostra che la gente puo' facilmente comunicare senza parole ma solo con i segni.
Pauline Guibbaud.

giovedì 5 novembre 2009

Una giornata sotto l'imperio dei segni

Tu credi, come Lucien Lévy-Bruhl, che la società odierna possa lasciare al passato gli attegiamenti pre-logici tra cui si trova l’impero dei segni, la simbolica ? Posso dimostrarti il tuo errore pur descrivendo una giornata anonima di uno studente qualunque come te, piena di lezioni sull’impero dei segni.

Primo, ti svegli alle sette con il suono, piuttosto forte, del “jingle” della tua radio preferita, o per esempio dei Magnificent Seven dei Clash, appropriati per questa situazione dal tuo telefonino. Abituato a questi segni, a questi “stimuli”, tu reaggisci come d’istinto, alzandoti e cominciando a mangiare in uno stato secondo : fai bollire dell’acqua, ed il fischio ti dà esattamente dopo mesi d’esperienza il calore per il mate.
Dopo che tu abbi preso una modesta doccia, a volte fredda, vai con i tuoi affari, segnalati sulla tavola con una posizione dretta ed anormale, come in qualunque giorno della settimana. Aspetti all’incrocio che il segnalo verde ti lasci attraversare la strada, benché tu pensi tuttavia a fare un atto sovversivo, cioè affrontare il segno rosso quando credi essere in ritardo.



Per il tuo lavoro in corso, ti senti forzato di dimostrare che A e B non fanno C contro uno studente che pensa l’esatto contrario, e occorre usare delle tue mani per illustrare simbolicamente l’argomento d’autorità, che è spesso una lettura superficiale o un rumore su Aristotele o di Wittgenstein, nomi-segnali per qualunque filosofo autochiamato. Perché dipendi dai tuoi bisogni fisici, vai a prendere il tuo pranzo senza fermarti, ma i colori del snack, azzurro, giallo e bianco, ti richiamano che sei in una regione mediterranea, dove non si conoscono i “fish and ships”. Ne scegli l’occasione per leggere un giornale incontrato là, però il semplice sguardo della faccia del capo dell’esecutivo e di una fotografia di Peshawar, con dei titoli senza sorpresa, ti dà tutto quello che volevi sapere dopo diciannove anni di giornalismo di televisione.

Nella biblioteca, il tuo telefonino suona senza lasciarti tempo di reaggire in silenzio, e devi segnalare la tua buona volontà spegnendolo frente agli sguardi cattivi del personale, che significa così sia il legitimo fastidio sia l’odio istintivo delle tecnologie odierne che rendono la gioventù sempre più stupida. Lavorando sul tema dell’impero dei segni, leggi Le viol des foules par la propagande politique di Serguei Tchakhotine, che ti mostra tra caratteri latini di stampa quanto sei assoggettatto alle tue pulsioni pavloviane nei rapporti con gli altri e i loro “stimuli”. Riprendendo il tuo coraggio, come in modo di marcare la tua soddisfazione, butti via le tue carte da brutta nella pattumiera in un movimento di trionfo, prima di vedere tra il vetraglio che è già la notte e che il campione di pallacanestro ha bisogno di tornare a casa sua.

Dopo che ti sia accomodato nella salla calda, ti metti a lavorare mentre lasci qualcosa sul fuoco nella cocina, prima che l’odore qualche minuto dopo ti faccia capire che sta bruciando. Gonfiato dalla cena in solitudine, torni ai tuoi affari in disordine, cioè che ti chiamano per lavorare sui corsi di scienze sociali, e l’epistemologia ti dà ancora qualche segno da riflettere, con la tua camicia non tanto innocente con i suoi colori. Infine, decidi alle tredici e mezzo di dormire, e ti abbandoni tutto nelle braccia di Morfeo, ai sogni che invadono il tuo cerebro con altri segni, come se non ce ne fossero stati abbastanza durante questa giornata anonima.

Guillaume Silhol