domenica 27 settembre 2009

Una questione di codici

A volte, ci si può sentire come un stranieri nel proprio paese e tra persone della propria età. Quando sono entrata nella mia classe di preparazione al concorso, era la mia impressione. Sentivo la gente parlare, racontare la propria vita e pensavo davvero di essere in un altro mondo. Prima, erano tutti o quasi degli ottimi musicisti e alcuni addirittura alunni del conservatorio. Io, non sapevo nemmeno suonare il flauto.
Dopo, parlavano tutta la giornatà di libri che non conoscevo e che a loro sembravano familiari come fiabe per i bambini.
Anche loro non capivano il mio mondo. Abitavo lontano dal liceo e i tragitti in bus mi stancavano. Quando mi sono confidata a una professoressa mi ha giusto risposto : " Va bene, puoi riposarti nel bus e lavorare subito quando entri a casa tua." Lei non ha mai preso il bus se pensa che sia riposante, mi son detta.
Più tardi, grazie alla sociologia, ho capito. La frontiera che avevo passato entrando là era una frontiera sociale e culturale, quella tra cultura legittima e "cultura bassa" come dice P. Bourdieu e non potevo capirla all'inizio. È come la storia di quello che beve l'acqua per sciacquare i denti al ristorante: è tutta una questione di codici.

venerdì 25 settembre 2009

-La frontiera tra l'occidente e i musulmani francesi attraverso l'esempio del burqa

Oggi, in Francia, si sviluppa un'incomprensione tra diverse comunità e in particolare coi francesi musulmani. Attraverso il problema del burqa, la Repubblica della tolleranza non sembra capace di fare i conti con le diversità che la abitano. Questo dibattito di società svela l'attaccamento dell'opinione publica alla laicità ed ai diritti della donna.
Raya, una giovane mussulmana, ci tiene a rivendicare il suo libero arbitrio." Innanzitutto, precisa, è una mia propria decisione, non lo faccio per costrizione".
Poi, denuncia l'abitudine dei media di stigmatizzare sempre l'uso del burqa come una violenza interiorizzata, un'obbligazione che si fa accettare alle donne. Nel caso di Raya, portare il burqa testimonia della volontà di abitare la propria nuova identità e di vivere la propria nuova fede. Difatti, Raya si è convertita all'islam dopo avere sposato un mussulmano. Anche se non lo dichiara chiaramente, il suo argomento tradisce un rigetto del modo attuale di vita. Eppure questa tendenza si conferma in tutte le comunità, come spiega Raya che prende l'esempio dei giovani che si fanno tatuare per rivendicare l'appartenenza ad un'identità. 
Però non è tanto facile e molte sono le interrogazioni simili: come rispettare i principi laici senza fare discriminazioni religiose? Il burqa tradisce veramente un atto libero delle donne o rimane una volta di più un modo di sottomissione? Per me, il fatto di nascondersi dietro ad un velo è la negazione dell'identità.

giovedì 24 settembre 2009

Buon lavoro....

Grazie a Guillaume eccoci al blog che raccoglierà le vostre storie, i vostri lavori tematici, le vostre idee...
Il primo tema che intendo lanciare su questo blog riguarderà le "frontiere".
Frontiere come ostacoli, come confini, come barriere. Frontiere linguistiche e frontiere urbane.
Frontiere culturali e frontiere culinarie...
E terre di frontiera.
E uomini e donne di frontiera.
La vostra frontiera (nel senso di limite) è data dalla conoscenza imperfetta della lingua italiana.
Scrivere su questo blog, significherà, per voi, superare, in parte, una frontiera linguistica che non dovrà rivelarsi, a termine, una barriera.
BUON LAVORO!
Chiara